Risorgimento, sì bello e perduto!

Nell’attuale dibattito sulla funzione e validità formativa ed educativa della scuola italiana che investe i diversi ambiti e livelli dell’istruzione – dalla scuola elementare alle superiori – , in anni in cui si invoca e torna in auge la funzione pedagogica dell’educazione civica che dovrebbe concorrere alla crescita e all’apprendimento delle “regole fondamentali della convivenza civile, come risultati di un processo storico pervenuto a formulazioni giuridiche positive e come presupposto per ulteriori sviluppi”, si impone una riflessione sull’insegnamento della storia e sui programmi e contenuti ministeriali che la disciplinano. È infatti indubbio che tale insegnamento, con la conoscenza e gli esempi emblematici del passato, in particolare in alcune tappe e momenti del suo sviluppo dai forti valori civici e morali, possa contribuire in modo determinante alla formazione e alla crescita dei giovani studenti.

 La conoscienza delle idee

La conoscenza delle idee, degli eventi, dei personaggi, degli eroi, dei dibattiti, degli ideali che hanno animato il nostro glorioso Risorgimento nazionale era, fino a qualche decennio fa, un imprescindibile ed indispensabile bagaglio culturale e di vita per ogni studente che, nel travagliato e complesso processo per l’indipendenza e l’unificazione nazionale, riconosceva le proprie origini, gli ideali e le fondamenta politico-istituzionali e civili della nostra Costituzione.

Ora risulta particolarmente grave che tale periodo storico, così importante e significativo per la formazione di una coscienza individuale e civile dei nostri giovani, stia di fatto progressivamente ed inesorabilmente scomparendo dall’insegnamento scolastico. Da un esame complessivo dei programmi ministeriali risulta infatti che lo studio del Risorgimento

1) è del tutto assente nei 5 anni del ciclo della scuola elementare, dove si studiano la preistoria, le civiltà antiche e la storia greca e romana fino alla caduta dell’Impero romano d’Occidente;

2) è collocato al terzo anno per quanto riguarda la scuola media – dal 1815 ai nostri giorni-, ove però si raccomanda di aver particolare riguardo all’Italia nell’ultimo cinquantennio, nel quadro della storia mondiale;

3) è previsto nel quarto anno del quinquennio dei Licei classici, scientifici, linguistici e degli istituti tecnici e professionali, in cui gli studenti sono impegnati a studiare la storia dalla seconda metà del Seicento fino alla fine dell’Ottocento, in quanto i programmi del quinto ed ultimo anno prevedono solo il Novecento.

I nostri studenti finiscono dunque, nel migliore dei casi, per conoscere l’unificazione italiana e dunque le radici della nostra identità nazionale all’età di tredici anni e, probabilmente, in modo alquanto superficiale data la vastità del programma previsto per la terza classe delle scuole medie! Le lacune determinate da una simile scansione dei programmi non sembrano destinate ad essere adeguatamente colmate nelle scuole superiori, in quanto dalla comune prassi scolastica risulta che raramente gli insegnanti del quarto anno, con l’unica eccezione del liceo classico dove sono previste tre ore settimanali di insegnamento anziché due, riescono a concludere il vasto programma previsto, sacrificando di fatto l’intero Risorgimento o trattandolo in poche ore di lezione, insufficienti a rendere pienamente il senso e l’importanza del periodo. Nella gran parte dei casi infatti si arriva appena a trattare l’età della Restaurazione. Alcuni insegnanti “recuperano” l’argomento all’inizio del quinto anno, ma sono costretti a dedicare ad esso poche lezioni, ossessionati dall’ansia di riuscire a concludere adeguatamente il Novecento, previsto dai programmi ministeriali e oggetto delle prove dell’Esame di Stato.

E’ indubbiamente auspicabile un intervento volto a restituire dignità al Risorgimento, ridefinendo i programmi e le loro scansioni temporali nei vari ordini scolastici e correggendo un quadro storico piuttosto sbilanciato, che assegna un ruolo privilegiato al Novecento.

Si ritiene necessaria ed urgente l’introduzione del fondamentale capitolo risorgimentale in primo luogo nelle scuole elementari, in una fase iniziale anche con progetti didattici specifici. I contenuti storici appresi dagli scolari attraverso piccoli lavori di ricerca, potrebbero, per esempio, essere oggetto di laboratori teatrali.

Sarebbe interessante trattare i principali protagonisti e gli eventi più significativi del Risorgimento nella classe quinta. La storia della Roma antica può infatti collegarsi con l’affiorare della nostra identità storica, portata a compimento nella risorgimentale “Roma del popolo”.

Per quanto concerne le scuole medie, risulterebbe efficace dare indicazione ai docenti affinché approfondiscano questa tematica con percorsi e unità didattiche anche di carattere interdisciplinare. Utile e nello stesso tempo attraente potrebbe rivelarsi a tale scopo, per esempio, il progetto, già avviato in tante scuole, “Adotta un monumento”: nel nostro caso, ovviamente, monumento, via o piazza di memoria risorgimentale.

Nella scuola superiore sarebbe opportuno incrementare nel quarto anno l’insegnamento della storia di un’ora settimanale (da due a tre, come già previsto nei licei classici) nei Licei scientifici, linguistici e negli Istituti tecnici e professionali o comunque dare maggiore rilievo al Risorgimento ed alle relative fonti storiche, rispetto, per esempio, alla storia politico-militare europea della prima parte del Settecento. La trattazione di quest’ultima, infatti, sui manuali scolastici di storia risulta essere molto complessa e arida e caratterizzata da un approccio mnemonico e nozionistico, poco riflessivo e critico.

Comunque sia, è doveroso affrontare la questione, poiché attualmente le memorie, le rimembranze “sì care e fatali”, che favellano del tempo che fu e che riaccendono i cuori, per lo più tacciono.

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Il nostro Risorgimento non merita un tale destino! I nostri bambini hanno tutto il diritto di conoscere, di essere conquistati ed affascinati dagli eventi, dai protagonisti e dagli eroi della nostra storia nazionale, di giocare e sognare con i loro ideali, imparando fin da piccoli il valore della libertà e del bene comune. I nostri ragazzi, che hanno avuto la fortuna di nascere in una nazione libera, unita e democratica, hanno anch’essi tutto il diritto di sapere a chi debbano “la virtù dell’azione”, e di soffermarsi sugli esempi, sugli eventi, sui miti, sugli ideali risorgimentali per ripensarli, farli loro, crescervi ed alimentarli a loro volta. Essi devono potersi ispirare a quei modelli etici e civili, propedeutici per la loro formazione di cittadini responsabili della società, dello Stato, dell’Europa e del mondo.

Chi opera nella scuola sa quanto i nostri giovani abbiano bisogno di tali richiami ai valori. L’educazione alla libertà, alla responsabilità,

Richiami ai valori

all’impegno e alla collaborazione passa attraverso questi valori, incarnati e trasmessi da Garibaldi, Mazzini, Cavour, dai patrioti e dai valorosi combattenti che hanno lottato e sacrificato la loro stessa vita per l’unità del popolo. Riflettere sul processo formativo dell’Italia significa riappropriarsi delle proprie radici nazionali e non grettamente nazionalistiche, salvaguardare la propria storia e le proprie tradizioni da una generica omologazione e dall’impoverimento culturale della popolazione italiana.

La Scuola deve farsi carico di questo progetto di formazione anche per arginare problematiche adolescenziali quali il bullismo, la violenza dilagante e il disagio giovanile nelle sue diverse espressioni. Il riferimento ed il confronto dei nostri ragazzi con quei valori e quegli ideali può infatti rafforzare la loro identità e sollecitare e promuovere un loro proficuo e valido impegno civico.

Il recupero e la valorizzazione del patrimonio culturale del Risorgimento da parte della scuola può indubbiamente contribuire a rilanciare l’impegno per lo spirito unitario e la forza morale ed ideologica che sono a fondamento della nostra identità, della nostra storia.

Che il Risorgimento, quella miniera di storie appassionanti che aspettano di essere raccontate, torni protagonista del nostro presente per alimentare la speranza del futuro.

          Va’, pensiero…sull’ali del Risorgimento!

                        Insegnamento del Risorgimento                       

 

                                                Prof.sse Gisella Bellantone e Antonella Merli

 

Roma, ottobre 2008

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“Ma un Paese che non ha rispetto per la propria storia quale rispetto può avere di se stesso?”

S. Rizzo, G.A. Stella, Corriere della sera, 17 aprile 2010

 

Nella “bozza delle indicazioni nazionali per il sistema dei licei” del marzo 2010 il Ministero della Pubblica Istruzione ha indicato gli obiettivi specifici di apprendimento dell’insegnamento della Storia a partire dall’a.s. 2010-2011.

Nel secondo biennio dei licei  “non potranno essere tralasciati” alcuni nuclei tematici, tra cui il problema della nazionalità nell’Ottocento, il Risorgimento italiano e i problemi dell’Italia unita.

Questa “doverosa” e valida indicazione relativa alle origini della nostra storia patria è sicuramente apprezzabile ma, sulla base dell’esperienza d’insegnamento, i nuclei tematici indicati per il secondo biennio (dall’anno 1000 fino alla fine dell’Ottocento) risultano troppo faticosi ed impegnativi per soli due anni scolastici.

Già attualmente, secondo i vigenti programmi del terzo e quarto anno, che prevedono lo studio del periodo  che va dal 1300 alla fine dell’Ottocento, viene sacrificato fortemente il nostro Risorgimento.

Temiamo pertanto che le  nuove indicazioni ministeriali, con programmi più estesi rispetto alla precedente normativa, possano ulteriormente comprimere contenuti così importanti per la formazione civica e culturale dei nostri ragazzi.

Affinché il Risorgimento venga affrontato in tutta la sua ricchezza e complessità, proponiamo pertanto che nel programma di storia del biennio il Ministero dia particolare risalto e valore a questo fondamentale periodo.  Sarebbe auspicabile un’indicazione aggiunta che sottolinei le tappe imprescindibili dell’indipendenza e della libertà d’Italia e che solleciti la riflessione sugli ideali formativi della nostra coscienza nazionale. Coscienza nazionale che, proprio alla vigilia delle celebrazioni del 150° dell’Unità, sembra vacillare.

 

Roma, 18 aprile 2010